Preparazione & performance musicale :
la guida completa per i musicisti

Cominciamo dall'inizio 

La performance musicale è un’arte esigente. Che si tratti di uno studente, di un amatore appassionato o di un musicista professionista, le sfide sono spesso le stesse: ansia da palcoscenico, stress, perdita di concentrazione, difficoltà a stabilizzare i risultati, la sensazione di non riuscire a “rendere” sul palco ciò che si padroneggia in prova.

La buona notizia ?

La performance è una competenza e, come ogni competenza, si può imparare.

Ma è necessario distinguere due cose: imparare una competenza e imparare a mostrarla. Sono due apprendimenti diversi, e comprenderlo cambia tutto.

Con le strategie giuste, ognuno può:

  • Ridurre lo stress e l'ansia,

  • aumentare la fiducia,

  • migliorare la qualità dello studio, 

  • sviluppare una presenza più stabile,

  • esibirsi con libertà e musicalità.

Il lavoro si basa su una combinazione di psicologia della performance, preparazione mentale, mindfulness applicata alla musica e strategie di apprendimento fondate sulle ricerche attuali. Questo insieme costituisce un metodo completo pensato per sviluppare una performance più stabile, più consapevole e più libera.

Comprendere la Performance:
Apprendimento vs Esecuzione

Una delle più grandi fonti di frustrazione nei musicisti nasce da una confusione fondamentale:

👉 Non ci esibiamo nello stesso modo in cui studiamo. Ed è proprio qui che nasce l’errore: molti musicisti cercano di suonare come lavorano in studio, e questo blocca immediatamente la performance.

Durante l’apprendimento 

  • si analizza, si corregge, si riflettet

  • si lavora lentamente

  • si utilizza il “cervello analitico”

Durante la performance

  • bisogna dare fiducia al corpo

  • il pensiero deve diventare semplice e musicale

  • l’automatismo deve prendere il sopravvento

È essenziale comprendere questo: non ci esibiamo nello stesso modo in cui studiamo. Durante lo studio, l’analisi è normale e persino indispensabile: ascoltare, correggere, confrontare, aggiustare fa parte del processo di apprendimento.

Ma cercare di esibirsi in modalità analitica è uno degli errori più frequenti tra i musicisti. Nel momento in cui l’analisi prende il sopravvento mentre si suona, il cervello non sta più eseguendo: sta riflettendo. Questo crea quella che chiamiamo paralisi da analisi: tensioni, perdita di fluidità, gesti rigidi, errori che non esistevano in prova.

Perché accade questo?
Perché queste due modalità si basano su due sistemi cerebrali totalmente diversi:

  • Durante lo studio: lavora la corteccia prefrontale. Analizza, riflette, prende decisioni consapevoli. È perfetta per imparare, ma troppo lenta per gestire gesti rapidi e musicali.

  • Durante la performance: devono entrare in gioco il cervelletto e i circuiti motori automatici. Questo sistema permette velocità, coordinazione, precisione, respirazione libera e musicalità spontanea.

Finché rimaniamo in modalità automatica, questi circuiti funzionano perfettamente.

Ma non appena, mentre suoniamo, emerge un pensiero analitico (“È giusto?”, “Non sbagliare questo passaggio”, “Il suono non è perfetto”), la corteccia prefrontale si riattiva… e il cervelletto si disattiva.

La prefrontale cerca allora di controllare il gesto in tempo reale, cosa che è neurologicamente impossibile.

Risultato: perdita di fluidità, respirazione bloccata, rigidità muscolare, riduzione della velocità, imprecisioni, errori improvvisi.

Questa è la paralisi da analisi: il cervello entra in modalità “correzione” proprio quando avremmo bisogno della modalità “esecuzione”.

La chiave, quindi, non è eliminare l’analisi, ma collocarla nel posto giusto:

analizzare e correggere durante lo studio, poi liberare il gesto e lasciare che il sistema automatico guidi durante la performance.

Questa capacità di cambiare modalità — passare dall’apprendimento all’esecuzione — non è un talento.
È una competenza che si allena.
E quando è padroneggiata, tutto cambia: stabilità, libertà, precisione, fiducia e piacere di suonare.



Apprendimento implicito vs esplicito

È importante comprendere la differenza tra apprendimento implicito e apprendimento esplicito.
La maggior parte dei musicisti studia soprattutto in modo implicito: ripetono, correggono, ricominciano, finché “funziona”. Questo tipo di apprendimento a volte porta un risultato… ma senza che si sappia esattamente perché funzioni. Il rischio è che la performance rimanga fragile e difficile da riprodurre.

L’apprendimento esplicito, al contrario, consiste nel comprendere chiaramente ciò che si fa, perché lo si fa e come lo si fa. Questo permette di identificare i meccanismi, strutturare il gesto, correggere in modo efficace e soprattutto stabilizzare ciò che si è appreso. È questa presa di coscienza che trasforma davvero la qualità dello studio e rafforza la performance.

In altre parole: l’apprendimento implicito può dare risultati immediati, ma l’apprendimento esplicito dà risultati duraturi.
Saper passare dall’uno all’altro è una tappa essenziale per progredire e suonare con maggiore fiducia e costanza.




Studio deliberato (Anders Ericsson)

La pratica deliberata è un concetto nato dalle ricerche dello psicologo Anders Ericsson. Indica un modo di esercitarsi molto preciso: un obiettivo chiaro, un compito definito, un feedback immediato e un livello di difficoltà appena al di sopra delle proprie capacità attuali. Non significa “praticare di più”, ma praticare meglio, con intenzione e concentrazione totale.

La pratica deliberata è ciò che distingue davvero gli esperti dagli amatori. Come diceva Ericsson: se vuoi suonare come un grande campione, non guardare solo la partita, ma guarda come si allena.
In altre parole: “se vuoi giocare come Maradona, non osservare soltanto la partita, osserva come si allenava.”

Questa idea fondamentale mostra che il vero progresso non nasce dalla ripetizione automatica, ma da un allenamento strutturato, consapevole e intenzionale.
È la base di ogni progresso duraturo nella musica.




In concerto, c'è solo un possibilità: la prima. 

In una situazione reale — concerto, audizione, esame — spesso abbiamo una sola possibilità. Non c’è una “seconda volta”: dobbiamo essere in grado di suonare bene fin dalla prima nota. Per questo, il cervello deve essere allenato non solo a ripetere, ma soprattutto a recuperare rapidamente le informazioni di cui ha bisogno.

Questo è esattamente l’obiettivo della pratica di recupero.

Un esempio semplice: oggi lavori un passaggio e lo porti da 0 a 5 sulla tua scala personale di qualità. Il giorno dopo hai talvolta l’impressione di essere tornato a 2: come se qualcosa si fosse “perso” durante la notte. In realtà, è proprio in questo momento che il lavoro diventa più interessante.

Forzando il cervello a ritrovare ciò che avevi costruito (e non semplicemente a rileggerlo o riascoltarlo), rafforzi la memoria utile alla performance. La sensazione di aver “dimenticato” è normale: ogni atto di recupero è un allenamento. È come se il cervello imparasse a dire:
« So dov’è questa informazione, posso ritrovarla rapidamente quando mi serve ».

Possiamo allenare la nostra capacità di recuperare velocemente le informazioni necessarie per suonare bene fin dalla prima volta utilizzando la pratica casuale (random practice).
È proprio questo tipo di allenamento che prepara il cervello a rispondere immediatamente, così come deve fare in situazione di performance.


Studio aleatorio (random practice)

Un esempio concreto permette di comprendere la potenza della pratica casuale. Immaginiamo che tu abbia tre brani da studiare e soltanto 45 minuti a disposizione. Esistono due strategie possibili:

• 15 minuti sul brano A
• 15 minuti sul brano B
• 15 minuti sul brano C

Questo metodo funziona, naturalmente. Ma il giorno dopo si ha spesso l’impressione che una parte del lavoro si sia “persa”. Il cervello ha lavorato, ma la traccia non è ancora solida.

La pratica casuale propone un altro approccio:

• 5 minuti su A
• 5 minuti su B
• 5 minuti su C
• poi si ricomincia questo ciclo più volte

È più faticoso, più impegnativo, perché il cervello deve ogni volta ritrovare le informazioni, riattivare i gesti, riaggiustare l’ascolto.
Ma è esattamente questo che rafforza la memoria a lungo termine.

La pratica casuale allena esattamente questa competenza: costringe il cervello a recuperare rapidamente le informazioni, ancora e ancora.
In questo modo, il gesto diventa molto più stabile e affidabile, anche nelle condizioni della performance.

E se ci pensiamo bene, la chiave per suonare bene fin dalla prima volta è molto semplice: avere immediatamente accesso, nel momento presente, a tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno.
È questa capacità di recupero istantaneo — e non la semplice ripetizione — che fa la differenza tra una performance stabile e una performance fragile.



Gestione dell’ansia da palcoscenico.

L’ansia da palcoscenico non è un difetto.
È una reazione fisiologica normale… ma se gestita male, diventa paralizzante.

Quando il corpo si attiva prima di una performance, anche la mente si attiva.
Diventiamo più vigili, più sensibili a ciò che accade intorno a noi e, a volte, più facilmente distratti.
Il corpo manifesta questa attivazione in modi molto concreti: mani che tremano, cuore che batte più forte, fiato corto, tensione muscolare, sudorazione, e una sensazione generale di agitazione.

Spesso interpretiamo questa attivazione come un segnale negativo. In realtà, è soltanto un segnale: il nostro sistema si sta preparando a qualcosa di importante. Comprendere questo fenomeno cambia tutto. Quando sappiamo che questa attivazione è normale e prevedibile, possiamo imparare a dirigerla invece di subirla.

Con il giusto allenamento, questa energia può diventare un vantaggio. Può rafforzare la presenza, la concentrazione e l’intensità musicale. Ciò che chiamiamo “ansia da palcoscenico” non è necessariamente un nemico: è una risorsa, se impariamo a usarla.

In altre parole: se comprendiamo ciò che accade nel corpo e nel cervello, questa energia può essere utilizzata a nostro vantaggio.
Può rafforzare la concentrazione, l’intensità musicale, la presenza scenica e la precisione.
L’attivazione non è un problema: è una risorsa — a condizione di imparare a gestirla.


Del resto, le più grandi performance non nascono nella sala prove o nella nostra stanza di studio.
Emergono quando il livello di attivazione è medio-alto, là dove corpo e mente sono svegli, coinvolti e pienamente disponibili.
È esattamente ciò che mostra il modello dell’ISOF: troppo poca attivazione produce una performance piatta, troppa attivazione la blocca, ma un livello ottimale la libera.

Imparare a riconoscere questa attivazione, a regolarla e a orientarla trasforma completamente il rapporto con l’ansia da palcoscenico.
Il corpo non è più un ostacolo, ma un alleato.
L’energia presente prima di suonare può essere utilizzata per nutrire la musicalità, la proiezione, la precisione e la presenza scenica.

Ciò che chiamiamo “panico” può diventare il nostro miglior alleato, se impariamo a comprenderlo e a dirigerlo.


❌ Errori freguenti

  • respirare troppo veloce

  • lottare contro le emozioni

  • giudicarsi mentre si suona

  • troppo pensiero alla tecnica

  • credere che bisogna restare calmi

 ✅ Ciò che funziona davvero

  • respirazione bassa e lenta

  • centraggio (metodo Don Greene)

  • intenzione musicale semplice e chara

  • routine 72h / 24h / 10 minuti

  • tecniche attentionali basate sulla mindfulness

  • focus esterno piuttosto che interno

Lavorando su questi aspetti, lo stress diventa energia e presenza.

Resilienza, Fiducia e Stabilità Mentale

La resilienza è una delle competenze più importanti per un musicista.
Non significa “non sbagliare mai”, ma saper rimanere presenti anche quando qualcosa non va, continuando a suonare con lucidità e naturalezza.
Anche i più grandi musicisti sbagliano: la differenza è che non si bloccano e non lasciano che quell’errore condizioni il resto della performance.

Non è l’errore a compromettere un’esecuzione, ma la reazione che abbiamo all’errore.
Quando succede, il corpo tende a irrigidirsi: le spalle salgono, il respiro si blocca, l’attenzione si frammenta e la mente accelera.
È un riflesso naturale. Ma se restiamo intrappolati in questa reazione, rischiamo di perdere il controllo della performance.

La resilienza consiste proprio nel non lasciare che l’errore prenda il comando.
Significa saper:

  • sciogliere rapidamente la tensione,

  • rilassare il respiro,

  • riportare l’attenzione sulla musica e non sull’errore,

  • restare flessibili,

  • continuare senza giudicarsi e senza permettere all’errore di influenzare ciò che viene dopo.

Quando comprendiamo come il nostro corpo reagisce all’errore — chiusura, tensione, fretta mentale — possiamo allenarci a rispondere in modo diverso: più calmo, più stabile, più aperto.
È una competenza che si sviluppa con la pratica, proprio come qualsiasi altra abilità musicale.

La resilienza trasforma la performance:
non è la perfezione che fa un grande interprete, ma la capacità di restare presenti e proseguire con naturalezza, anche quando qualcosa non va come previsto.

La resilienza non si improvvisa: si costruisce con strategie mentali ed emotive adatte alla realtà musicale.


Mindfulness per i Musicisti

La mindfulness applicata alla musica non è una tecnica di rilassamento, ma un modo di allenare la mente a essere pienamente presente durante lo studio e la performance. Per un musicista, ciò significa sviluppare un’attenzione stabile, una respirazione libera, un corpo rilassato e una consapevolezza fine delle sensazioni, senza giudizio né tensione inutile.

In un mondo in cui si ripete spesso in modalità automatica, la mindfulness permette di rallentare, di ascoltare davvero e di riconnettersi all’intenzione musicale. Aiuta a comprendere ciò che accade nel corpo e nella mente quando si studia o quando si suona davanti a un pubblico.

I benefici principali per i musicisti:

riduzione dello stress e del trac prima dei concerti,
migliore stabilità attentiva,
respirazione più fluida e naturale,
meno tensione nelle mani, nelle spalle e nella mandibola,
maggiore connessione con l’espressione musicale,
migliore recupero dopo un errore,
rafforzamento della resilienza mentale.

La mindfulness aiuta anche a ridurre il «rumore mentale», quel chiacchiericcio interiore che esaurisce la mente: pensieri ripetitivi, eccessiva anticipazione, autocritica, scenari immaginari. In molti musicisti, questo logorio mentale diventa più intenso con l’avvicinarsi di un concerto o di un’audizione. La mente accelera, i pensieri diventano più rapidi e spesso più negativi, creando tensione, fatica e perdita di concentrazione.

La mindfulness aiuta anche a riconoscere i segnali di attivazione del corpo — battiti più rapidi, pensieri veloci, sensibilità alle distrazioni — come qualcosa di naturale e non come una minaccia. Comprendendo queste reazioni, diventa più facile canalizzarle e utilizzare questa energia per sostenere la performance.

Un musicista che pratica la mindfulness impara a suonare con più chiarezza, meno tensione, più presenza. Sviluppa una fiducia che non dipende più dalle condizioni esterne, ma dalla sua capacità di rimanere centrato, calmo e attento in ogni istante.

La mindfulness non elimina l’attivazione o lo stress: ci insegna a danzare con essi.


Per i musicisti, essa permette di:



✅

 calmare il sistema nervoso prima di suonare

✅

ridurre le pressione mentale

✅

evitare il sovraccarico cognitivo

✅

ritrovare piacere e fluidità e rimanere presenti anche sotto stress

Non è una teoria: è uno strumento concreto che i musicisti possono applicare ogni giorno.

Flow e “il cervello che canta”

Che cos’è il Flow?

Il flow è uno stato mentale e corporeo ottimale in cui si è completamente assorbiti da ciò che si sta facendo.
L’attenzione è pienamente concentrata, l’azione diventa fluida, la percezione del tempo cambia e l’attività è allo stesso tempo impegnativa e profondamente piacevole.

Non è magia: il flow appare quando la sfida è in equilibrio con il livello di competenza, quando gli obiettivi sono chiari e quando l’attenzione è rivolta al momento presente.

Nel flow, non ci si osserva più mentre si fa: si fa.
L’analisi in tempo reale si calma, l’autocritica passa in secondo piano e il gesto diventa sorprendentemente semplice, anche se il compito è difficile.

L’attività diventa una fonte di soddisfazione in sé, indipendentemente dal risultato o dal giudizio esterno.

Per un musicista, il flow è quel momento in cui la tecnica, l’ascolto e l’espressione si uniscono.
Non si è più occupati a “pensare come suonare”, ma a vivere pienamente la musica.

L’ansia diminuisce, la concentrazione si stabilizza, il suono si libera.
È lo stato in cui la musica scorre naturalmente, senza resistenza.


L’idea del “cervello che canta” aiuta a entrare in questo stato: invece di commentare o giudicare ciò che si fa, si mantiene un’immagine sonora chiara, come un canto interiore.
Quando il cervello canta, il corpo segue.

Il flow non è un privilegio riservato a pochi artisti: è un modo di funzionare che si può preparare, allenare e rendere più accessibile grazie alla pratica mentale.




Concetti come il “cervello che canta” (ispirato da Rex Martin) aiutano a:

uscire dall’iper-controllo

ritrovare la musicalità al cuore del gesto

mantenere un'immagine sonora chiara

suonare con libertà e pesenza

Preparazione alle Audizioni e ai Concorsi

Preparare un’audizione non significa solo suonare bene.
Bisogna preparare:

72 

ore prima

sonno, visualizzazione, pianificazione, calma mentale

24

ore prima

riduzione dello stress, respirazione, gestione dell’energia

10

minuti prima

– centraggio
– focus esterno
– intenzione musicale
– rroutine corporee

Il mio accompagnamento : Metodo Completo per i Musicisti

Colloquio iniziale & obiettivi

Analisi della pratica e dei blocchi

Tecniche di respirazione, focus e regolazione emotiva

Mindfulness adattata al musicista

Ottimizzazione dello studio

Lavoro sull’ansia da performance e sulla fiducia

preparazione concorsi e audizioni

Stabilizzazione della performance


Per chi ?

studenti di conservatorio

musicisti semi-professionali

musicisti professionali

professori e docenti

persone che preparano concorsi, esami o audizioni d’orchestra

Testimonianze

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«Ricevere l’insegnamento di Stefano è un privilegio!
Perché un privilegio? Perché è molto raro incontrare un insegnante così coinvolto e soprattutto così competente. Inoltre, è davvero umile e simpatico.

Stefano ha sviluppato una forma “disruptive” di insegnamento che fa appello a tutte le facoltà mentali e fisiche dell’integrazione della conoscenza. Utilizza la mentalizzazione, la dinamica della memoria muscolare e rende l’apprendimento semplice, ludico ed entusiasmante.

Sa anche adattarsi perfettamente al suo allievo, identificare e migliorare i punti deboli e portare all’apice i punti di forza.

Grazie a lui per offrire tutto questo!»

Alain Farrugia


“Cher Stefano,

Avoir la possibilité d'apprendre avec toi est une expérience transformative ! Grâce à ta compétence dans l'utilisation de la pleine conscience et des concepts de la psychologie de la performance, tu m'as aidé à dépasser mes limites personnelles. Tes cours m'ont non seulement permis de mieux gérer l'anxiété et le trac, mais ils m'ont également appris à transformer ces émotions en énergie positive qui m'aide à entrer dans le flow pendant les performances.Ta capacité à combiner théorie et pratique de manière si harmonieuse est vraiment unique. Tu sais comment adapter ton enseignement aux besoins spécifiques de chaque musicien, offrant des stratégies personnalisées qui conduisent à des améliorations concrètes et tangibles.Chaque leçon est un voyage de découverte et de croissance personnelle, grâce à ton empathie et à ton approche positive et encourageante.Je ne peux que te remercier pour tout le soutien et l'inspiration que tu m'as donnés. Je recommande vivement tes cours à quiconque souhaite élever sa performance musicale à de nouveaux niveaux !

Amicalement,”

Philippe

“Cher Stefano,

Avant de suivre ton cours, je souffrais de trac et de pensées obsessionnelles qui m'empêchaient de donner le meilleur de moi-même lors des concerts et des examens. Grâce à tes enseignements, j'ai appris à surmonter ces obstacles et à transformer mes peurs en énergie positive.Ton approche basée sur la pleine conscience et la psychologie de la performance a été une véritable révélation pour moi. Maintenant, je suis capable d'entrer dans le flow et de me concentrer pleinement sur ma musique, ce qui a considérablement amélioré mes performances.Tes cours m'ont non seulement aidé à gérer le trac, mais aussi à aller au-delà de mes limites et à atteindre un niveau de confiance et de compétence que je n'avais jamais imaginé possible. Merci infiniment pour tout ce que tu fais. Tes enseignements ont eu un impact profond et durable sur ma vie musicale. Avec gratitude,”

Théa

«Prima di seguire il tuo corso, soffrivo di ansia da palcoscenico e di pensieri ossessivi che mi impedivano di dare il meglio di me durante concerti ed esami. Grazie ai tuoi insegnamenti, ho imparato a superare questi ostacoli e a trasformare le mie paure in energia positiva. Il tuo approccio basato sulla mindfulness e sulla psicologia della performance è stato per me una vera rivelazione.

Ora sono in grado di entrare nel flow e di concentrarmi pienamente sulla mia musica, cosa che ha migliorato notevolmente le mie performance. I tuoi corsi non solo mi hanno aiutato a gestire l’ansia da palcoscenico, ma anche a superare i miei limiti e a raggiungere un livello di fiducia e di competenza che non avrei mai immaginato possibile.

Ti ringrazio infinitamente per tutto ciò che fai. I tuoi insegnamenti hanno avuto un impatto profondo e duraturo sulla mia vita musicale.

Con gratitudine,»

Alex


Caro Stefano,
ti ringrazio molto per il tuo corso sull’Arte della performance. Ho imparato molte cose che mi aiutano a concentrarmi sul mio modo di suonare e sul mio lavoro. Ho una padronanza molto migliore di me stesso e delle mie emozioni. Ho trovato il tuo corso davvero appassionante e lo consiglierò volentieri.

Grazie anche per avermi spinto a suonare in pubblico e per il tuo invito alla tua audizione di fine anno. Suonare in pubblico e condividere la “propria” musica con quel pubblico è stata una bella esperienza, in un luogo conviviale e accogliente. Non mi pento di aver osato. Un grande grazie per questo bel momento.

Auguro buone feste a te e alla tua famiglia.
Cordiali saluti e a presto,

Brigitte


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